Biofeedstock
SVILUPPO DI PIATTAFORME TECNOLOGICHE INTEGRATE PER LA VALORIZZAZIONE DI BIOMASSE RESIDUALI
OR1 “VALUTAZIONE DEI BACINI DI POTENZIALE APPROVVIGIONAMENTO DI BIOMASSE RESIDUALI”
Premessa
In riferimento al progetto PNR 2015-2020 Avviso D.D. 1735 del 13/07/2017 avente codice ARS01_00985 la Società Qohelet Solar Italia SPA ha condotto studi inerenti l’identificazione di biomasse residuali di potenziale interesse e la mappatura dei relativi bacini di potenziale approvigionamento.
Nella fattispecie le attività svolte dalla Qohelet Solar Italia SPA rientrano nell’attività realizzativa 1.2 “Selezione delle filiere dimostrative”, dell’obiettivo realizzativo n.1 “Valutazione dei bacini di potenziale approvvigionamento di biomasse residuali.
Sono stati condotti studi su tre particolari feed quali: “l’acqua di vegetazione degli oleifici”, “il siero del latte” e “il pastazzo di agrumi”.
Le attività, per problematiche di tipo burocratico legate alla pubblica amministrazione, sono iniziate a partire dal primo gennaio 2019 e sono proseguiti per una durata di 6 mesi fino al 30 giugno 2019.
Gli studi condotti hanno previsto una ricognizione dettagliata ed aggiornata del potenziale approvvigionamento della biomassa residuale valorizzabile nel territorio delle Regioni sede del progetto.
Acque di vegetazione degli oleifici
È stato effettuato uno studio di ricerca dei dati sulla produzione olearia nel quadriennio 2015-2018 individuando una produzione media di Olio di Oliva di 3,7 milioni di quintali di olio di cui 1,3 milioni prodotti in Puglia, circa 1 milione in Calabria e 0,3 milioni in Sicilia. Queste tre regioni si attestano le principali regioni produttrici di olio in Italia nell’ultimo quadriennio. La Sicilia è la terza regione produttrice di Olio in Italia. Sono stati esaminati i dati della filiera produttiva in Sicilia, incrociando dati sulla produzione media, sulla superficie totale impiegata e la localizzazione dei frantoi per provincia.
È stato approntato uno studio di ricerca per l’individuazione del numero di frantoi dimostrando la frammentarietà della produzione italiana. Dei circa 4600 frantoi attivi in Italia, il 20% si trova in Puglia, il 15% in Calabra e il 13% in Sicilia.
Nella filiera Italiana, l’olio prodotto rappresenta solo il 40% della disponibilità totale di olio, il 60% invece viene importato. L’olio disponibile viene inviato al consumo, domestico ed extradomestico (61%) e una parte viene esportata (38%). Solo una piccola quota viene utilizzata all’interno di processi industriali.
Sono state esaminate le tecnologie estrattive utilizzate le quali influenzano tutti i prodotti dell’industria olivaria, rivestendo particolare importanza proprio nella caratterizzazione sia quantitativa che qualitativa delle acque reflue.
Dal frantoio si originano, oltre naturalmente all’olio, due tipologie di sottoprodotto, le sanse vergini, di consistenza più o meno solida derivanti dalla polpa delle olive, e le acque di vegetazione, di formulazione liquida. Le sanse rappresentano in un certo senso un’ulteriore fonte di reddito per i frantoiani, che usualmente le conferiscono con profitto ai sansifici. Le acque di vegetazione, invece, secondo la normativa vigente (Legge 574/96), devono essere smaltite mediante lo spargimento sul terreno agrario.
Sono state esaminate le tecnologie estrattive utilizzate le quali influenzano tutti i prodotti dell’industria olivaria. I diversi sistemi di estrazione dell’olio portano a diverse caratteristiche e proprietà chimico-fisiche dei reflui oleari.
È stato condotto uno studio approfondito sull’impiego delle acque di vegetazione in agricoltura. Le acque di vegetazione sono state per lungo tempo considerate un refluo fra i più inquinanti nell’ambito dell’industria agro-alimentare e pertanto la consuetudine di procedere al loro spargimento, tal quale, sul terreno agrario è stata inizialmente ostacolata. Tuttavia, risulta che questi reflui non sembrano possedere un’effettiva tossicità e tutt’al più possono provocare qualche effetto indesiderato, comunque temporaneo, sulla funzionalità degli agroecosistemi interessati al loro sversamento. La distribuzione diretta sul terreno agrario delle acque di vegetazione rappresenta dunque la via preferenziale per procedere al loro recupero, e ciò sia per motivi di ordine economico che per esigenze di tipo agro-ecologico. Per questo motivo le acque di vegetazione sono regolamentate da una specifica legislazione.
Considerando che ultimamente in Sicilia si stanno sviluppando, sempre più, processi che riducono la quantità di acque di vegetazione e tendenzialmente diminuiranno perché essendo lo smaltimento di quest’ultime un costo vivo per le aziende si sta investendo sempre più su processi che massimizzano la resa in olio e dal momento che la Sicilia non è la regione in cui si produce più olio sembra che investire su impianti di ossidazione supercritica per la gestione di questo effluente non sia particolarmente remunerativo nel lungo termine in quanto la tendenza è quella di implementare direttamente processi di estrazione di olio che minimizzano la quantità di reflui liquidi.
Pastazzo di agrumi
Sono state effettuate ricerche sul sottoprodotto dei processi di trasformazione dell'industria agrumaria.
Il principale sottoprodotto dei processi di trasformazione dell'industria agrumaria, denominato comunemente "pastazzo", è una biomassa vegetale costituita da scorze, detriti di polpa, semi e frutti di scarto.
Con l’art. 41- quater del noto “decreto del fare” poi convertito in legge che ha introdotto la “disciplina dell’utilizzo del pastazzo di agrumi”, il pastazzo da scarto viene riclassificato come sottoprodotto agrumicolo.
Da problema a risorsa, il pastazzo è stato individuato come componente nella produzione di biogas, dando vita ad un circolo virtuoso di recupero degli scarti che, oltre a generare un ritorno economico, contribuisce a generare energia elettrica e termica rinnovabile.
I principali prodotti della lavorazione industriale degli agrumi sono:
- Il succo (35-45%)
- L’olio essenziale (0,2-0,5%)
- Il pastazzo fresco (55-65%)
Il principale sottoprodotto dei processi di trasformazione dell'industria agrumaria, denominato comunemente "pastazzo", è una biomassa vegetale costituita da scorze, detriti di polpa, semi e frutti di scarto.
I possibili utilizzi del pastazzo di agrumi dipendono da numerosi fattori (variabilità stagionale della produzione e della domanda, costi di movimentazione, trasporto e stoccaggio), che condizionano la sostenibilità economica delle diverse modalità di impiego, determinando destinazioni ottimali diverse da caso a caso e anche da anno ad anno.
Scarti di lavorazione degli agrumi:
- Alimento zootecnico
- Produzione di biogas
- Produzione di bioetanolo
- Realizzazione di ammendante
- Utilizzato per estrarre fibre alimentari
- Produzione oli essenziali dalle bucce di agrumi
- Digestione Anaerobica del pastazzo di agrumi
L'impiego più diffuso del pastazzo di agrumi (allo stato fresco, insilato o essiccato) è costituito dall'alimentazione zootecnica. Da varie indagini emerge che tale destinazione assorba una quota, molto variabile fra le diverse industrie e fra le varie campagne agrumarie. Nonostante i buoni risultati produttivi tale utilizzazione è rimasta limitata alle immediate vicinanze delle industrie di trasformazione agrumaria.
I dati ci fanno comprendere come la superficie nazionale destinata alla produzione di agrumi sia maggiormente sviluppata nel sud Italia, soprattutto in Calabria e Sicilia.
Di tutti gli agrumi disponibili solo il 57% viene destinato al Consumo e il 30% all’industria di trasformazione, sarà questa percentuale che ci interesserà maggiormente poiché il pastazzo di agrumi viene prodotto come scarto nell’industria di trasformazione.
È stata analizzata la situazione produttiva degli agrumi in Sicilia considerando la media produttiva e la superficie agrumicola media che si è avuta nel triennio 2015-2017 differenziandola per Province potendo così stimare la produzione di pastazzo di agrumi.
La produzione di agrumi in Sicilia è pari a 1.464 migliaia di tonnellate di agrumi più 212 migliaia di tonnellate di prodotto importato, da tale valore è necessario sottrarre il 12% (8% export e 4% perdita) per prodotto esportato e per perdite di prodotto durante tutta la filiera di produzione agrumicola. Si è visto, nello studio della filiera, la quantità di prodotto inviata all’industria di trasformazione, la quantità di prodotto che va nel canale della distribuzione alimentare e nel canale de Ho.Re.Ca. Da ciò se ne deduce che la maggior parte di “scorze di agrumi” (pastazzo di agrumi) finisce nei Rifiuti Solidi Urbani ed in particolar modo nella FORSU.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto sarebbe interessante l’applicazione di tecniche di cracking termico ossidazione e gassificazione in acqua supercritica sia inerente il pastazzo di agrumi derivante dall’industria di trasformazione sia della FORSU dove finisce il 58% del consumo della distribuzione e del Ho.Re.Ca.
Siero caseario
L’industria lattiero-casearia è articolata nella produzione di latte pastorizzato e sterile, burro, crema, latti fermentati, condensati e concentrati e formaggi (freschi, stagionati, cotti, ecc.).
Circa il 60% del latte prodotto in Italia viene destinato alla trasformazione in prodotti caseari.
Sono stati analizzati: l’industria lattiero casearia italiana regionale, quadro Europeo, Filiera produttiva dell’industria casearia e lo studio dei reflui dell’industria e la produzione lattiero-casearia in Sicilia.
La Sicilia nel 2018 ha contribuito solo all’1,6% delle consegne di latte vaccino alle latterie. Le latterie sono stabilimenti in cui vengono svolte quasi esclusivamente operazioni finalizzate ad evitare alterazioni delle proprietà e della composizione del latte in modo che questo possa essere conservato il più possibile integro e stabile nel tempo. Il latte viene destinato principalmente alla trasformazione industriale.
È stato esaminato il processo di trasformazione del latte per la produzione di burro e il processo di trasformazione del latte per la produzione di formaggi. Da tale disanima si è riscontrato che l’attività casearia dà origine a notevoli quantità di reflui: infatti, dalla lavorazione in caseificio da 10 kg di latte si ottengono mediamente 1-2 kg di formaggio e 8-10 kg di reflui.
Nel caso specifico della lavorazione del formaggio, il refluo prende il nome di siero. Sono stati fatti studi sugli elementi e le caratteristiche del serio. Un frequente e poco costoso utilizzo del siero è quello di ingrediente per la formulazione di mangimi per animali di allevamento soprattutto di suini.
Con l’entrata in vigore del D. Lgs. 4/2008, il quale recependo la direttiva comunitaria 2008/98/CE, è andato a modificare il D.lgs. 152/06 introducendo nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di sottoprodotto dal quale si evince che il sottoprodotto non è e non deve essere considerato un rifiuto.
Dall’indagine effettuata è emerso che le caratteristiche quanti-qualitative del siero ed in generale dei reflui dei caseifici non sono sempre di facile determinazione, variando non poco in rapporto alla tipologia di lavorazione adottata ed in relazione alla dimensione degli impianti di lavorazione, ecc.
Sono stati analizzati i dati ISTAT per la produzione lattiero-casearia in Sicilia. Incrociando i dati e le percentuali medie negli anni delle varie produzioni di latte alimentare, di formaggi e di burro, è stato possibile effettuare una mappatura e stimare i reflui caseari prodotti in ciascuna provincia Siciliana. Si evince che la provincia con la maggior produzione di reflui è quella in cui si sono registrate le maggiori quantità di latte raccolto, ovvero Ragusa, seguito da Siracusa, Palermo e Catania. In Sicilia si ha la produzione dell’1,4% (ammonta a 29.834 t) dei reflui potenzialmente prodotti su scala nazionale, quindi la Sicilia non è la regione più impattata a livello di quantità prodotte dei reflui caseari in quanto si ha una maggiore produzione nel Nord Italia.
Si stima che la produzione mondiale di siero del latte sia 145 milioni di tonnellate, che di solito è utilizzato sotto forma essiccata e usato come alimentazione degli animali o soggetto al recupero di proteine e lattosio nei grossi impianti di processo del latte.
Per il grande costo dei processi la maggior parte del siero prodotto viene riversato nei fiumi, nei laghi o in altri ambienti. Questa situazione causa una significativa perdita di risorse e problemi di inquinamento ambientale.
L’ossidazione in acqua supercritica è un metodo che permette di trasformare le sostanze organiche in acqua e CO2 in maniera rapida ed efficiente con una alta velocità di conversione nel range di temperatura che va dai 500°C ai 650°C in tempi di residenza bassi. Il processo può essere utilizzato per il trattamento del siero. Il metodo però è fattibile finché l’energia che serve al processo è recuperata o il consumo di energia è ridotto.